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L'età dell'innocenza - recensione

Buongiorno lettori❤
Con un pizzico di ritardo, oggi vi parlo della lettura di Agosto nel #gdljec , poiché ci siamo spostati nella letteratura americana degli anni '90 con Edith Wharton e il suo "L'età dell'innocenza". Io mi sono affidata all'edizione RBA Italia, con traduzione Mondadori. Nell'articolo di seguito le mie impressioni alla storia e all'editing del testo.
Buone letture❤


TITOLO: L'ETA' DELL'INNOCENZA
AUTORE: EDITH WHARTON
DATA DI PUBBLICAZIONE: 25 MAGGIO 2017
CASA EDITRICE: FELTRINELLI EDITORE
COLLANA: UNIVERSALE ECONOMICA FELTRINELLI
GENERE: ROMANZO
PAGINE: 378
PREZZO: 9.02/EBOOK 2.49


TRAMA

Uscito nel 1920, "L'età dell'innocenza" vale alla sua autrice, Edith Wharton, il premio Pulitzer: sarà la prima donna a vederselo assegnare. Il libro è una critica spietata alla convenzionalità dell'alta società newyorchese: una vera aristocrazia immobiliare in cui le famiglie sono le stesse da generazioni, le donne un ornamento e gli uomini non fanno nulla neppure quando fingono di andare in ufficio. I ricchi personaggi dell'"Età dell'innocenza" vivono tutti nello stesso quadrilatero di strade, e d'estate si spostano tutti quanti a Newport. Sono sempre insieme, sono privilegiati e severi al contempo, e non concepiscono l'esistenza di un mondo fuori dal loro. Il mondo, ovviamente, progredisce, cambia e rischia di lasciarli indietro. Ai cancelli della vecchia New York premono l'aristocrazia imprenditoriale e bancaria - i Morgan, i Lehman, i Guggenheim -, gli operai migrati dall'Europa e soprattutto stili di vita dinamici e aggressivi. Il protagonista del romanzo, Newland Archer, è un giovane raffinato che nella prima parte vediamo emanciparsi lentamente dai valori della vecchia New York ma che poi si trova costretto a sposare una donna che non ama assolutamente.

RECENSIONE - COMMENTO

Voglio iniziare questa recensione muovendo una forte critica all'edizione RBA in cui ho letto questo romanzo, tramite la collezione Storie Senza Tempo. Critica mossa alla traduzione (Mondadori Libri 2018) in quanto estremamente ricca di refusi, errori e ORRORI di sintassi grammaticale. Spesso e volentieri la lettura veniva rallentata da parole che mancavano di lettere, congiunzioni verbali fantasiose e un editing mal fatto da entrambe le parti. Si tratta del terzo libro letto grazie alla collezione che sto facendo e, al momento, è il peggiore in quanto a resa finale.
Dopo essermi tolta qualche sassolino dalla scarpa, veniamo a parlare del romanzo di per se. "L'età dell'innocenza" ha permesso alla Wharton di essere la prima donna a portarsi a casa il Premio Pulitzer nel 1921, a un anno dalla sua pubblicazione. Mi aspettavo quindi una storia sfarzosa, ricca, elegante e raffinata. In realtà ho trovato tanta opulenza, lusso sbandierato ai quattro venti e personaggi che sono quasi materiale d'arredamento alla loro epoca.
La New York che viene descritta non è quel salotto aperto e accogliente che credevo fosse durante la Gilded Age, periodo storico tra il 1870 e il 1900, caratterizzato da industrializzazione e crescita economica, al contrario è un luogo chiuso, riservato a una precisa cerchia di famiglie aristocratiche.
Le persone che contano nella società vivono nel medesimo quartiere, frequentano gli stessi luoghi, compiendo di volta in volta precise azioni per mettere in luce il loro patrimonio, trascorrono le vacanze nella stessa località e non frequentano nessuno che sia a loro esterno.
Incontriamo così due giovani, Newland e May che, secondo le convenzioni dell'epoca, instaurano un matrimonio più di "interesse" che di amore. Sentimento quasi del tutto inesistente in queste pagine, sostituito da avarizia e tornaconto personale. Entrambi i personaggi non mi hanno mai conquistata, ho sempre cercato di mantenere distacco da loro, trovando terrificanti gli stessi pensieri di Newland nei confronti della moglie. Ho visto un piccolo spiraglio verso una società dai valori differenti nell'ultimo capitolo, che compie un salto temporale di ventisei anni, spiazzando il lettore e facendogli perdere inevitabili pezzi, quando si può compiere anche un paragone tra il Newland uomo e il figlio Dallas, che rappresenta la modernità e l'emancipazione di un'intera società che va incontro a nuovi dettami.
Sono sincera con voi, oltre alla critica che viene mossa alla società newyorkese dell'epoca, incentrata sull'ego personale piuttosto che sul bene comune, poco altro ho apprezzato. Lo stesso stile narrativo mi sembrava sempre farcito di giustificazioni: ogni frase termina con una lunga parentesi contenente i perché relativi a una determinata azione o pensiero, quasi a volersi scusare verso i lettori futuri. Edith Wharton non ha fatto breccia in me, complice la traduzione, i suoi protagonisti e l'eleganza che è solo effimera, quando avrebbe potuto essere più raffinata e meno onirica. 

VALUTAZIONE: ★★

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