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Il nome della madre - recensione

Buongiorno lettori♥
Oggi vi parlo della lettura terminata in questo passato sabato pomeriggio di pioggia e temporale, ovvero "Il nome della madre" di Roberto Camurri, edito NN Editore, che ringrazio per la cordialità nell'invio della copia cartacea del libro. Nell'articolo di seguito, come ormai vi ho abituati, troverete tutte le mie impressioni e sensazioni al suo termine.
Buone letture♥


TITOLO: IL NOME DELLA MADRE
AUTORE: ROBERTO CAMURRI
DATA DI PUBBLICAZIONE: 28 MAGGIO 2020
CASA EDITRICE: NN EDITORE
COLLANA: LA STAGIONE
GENERE: ROMANZO
PAGINE: 176
PREZZO: 16.15/EBOOK 8.99


TRAMA


Da quando sua moglie se n'è andata senza spiegazioni, Ettore vive da solo con il figlio piccolo a Fabbrico, nel cuore della pianura padana. L'assenza della moglie popola la mente di Ettore, che oscilla tra i teneri ricordi di lei, donna imperscrutabile e feroce, e gli sforzi furiosi di dimenticarla, di non vederla in ogni espressione del figlio, Pietro, che le assomiglia così tanto. Anni dopo sarà Pietro a ereditare questo vuoto, in perenne conflitto con il padre, con Fabbrico e i suoi campi vasti e opprimenti. Pietro vuole amare Miriam, la ragazza che lo fa sentire al sicuro, ma quella sicurezza lo spaventa, lasciandolo solo di fronte alle sue emozioni. E cresce nella speranza di trovare una traccia, un ricordo, un indizio per provare a capire la donna che li ha abbandonati e di cui lui non ha memoria, per poter immaginare un futuro, il suo, che continuamente gli sfugge.

RECENSIONE - COMMENTO

Questo 2020 posso definirlo l'anno delle scoperte, di quei libri che terminati corri a spulciare le trame degli altri scritti dell'autore, corri a cercarli tra gli scaffali o li metti in lista. NN Editore mi ha già dato due nuove ottime conoscenze e così, dopo Forgione e i suoi "Giovanissimi", ecco che Camurri e la sua Fabbrico entrano di diritto nelle scoperte piacevoli e in quel "A misura d'uomo" da voler recuperare. 
Siamo in un piccolo paese dell'Emilia popolato per lo più da pianure, campi e cielo aperto, dove incontriamo Ettore prima e il figlio Pietro poi. 
Abbandonato dalla moglie, Ettore si trova d'un tratto a crescere quel figlio che non comprende nei suoi pianti, nelle sue marachelle da bambino della sua età, nel suo cercare un nascondiglio da quel mondo a metà, senza un pezzo di famiglia, privo di quel tassello che unisce e fa da collante. 
In questo scenario Pietro cresce tra l'incondizionato bene dei nonni e di Ettore che, a modo suo, impegna ciò che resta del suo cuore in quel figlio rimasto, frutto di un amore vissuto e sperato. 
Cosa mi ha sorpreso più di tutto? 
A un certo punto della storia, l'autore incrocia, con finezza, eleganza e senza pretese di paragone, la storia di Ettore e del figlio Pietro, usando termini simili per introdurre una scena a voi già nota, che vivrete con qualche piccola differenza, quella sottile linea che delimita l'unione dal baratro, l'essere in due dall'essere uno, ciò che davvero fa la differenza nella vita dell'uomo. 
"Il nome della madre" è un romanzo che va letto con la tranquillità che le stesse descrizioni mandano al lettore, che va assaporato da silenziosi spettatori, poiché i dialoghi sono raccontati, non sono portati a voi in maniera diretta, ma li vivrete attraverso le parole dell'autore; mentre le scene sono vissute quasi in prima persona, facendovi provare anche a voi i sentimenti che animano Fabbrico e i suoi abitanti. Ancora una volta è la provincia protagonista, le strade deserte nella calura estiva, le famiglie nei campi a coltivare anni di sacrifici da tramandare ai figli, ai nipoti, di generazione in generazione.
Quelle generazioni che da Ettore portano a Pietro e Miriam, anche loro alla ricerca di un "porto sicuro", quella famiglia che non nasce mai senza fatiche, ma che va costruita proprio come un piccolo porto di mare, asse dopo asse, fatica dopo fatica, tra sorrisi, sudore e qualche porta in faccia.
Ecco, ciò che ruota attorno a questi personaggi è proprio quel porto sicuro, quella casa che è sinonimo di famiglia, di focolaio e calore domestico, che per Pietro non è mai stata completa e per Ettore è sempre stata motivo di sbagli, di strade a senso unico percorse a folle velocità per provare nuovi brividi, di segreti che hanno portato una donna ad allontanarsi dalla sua metà, anche lei in cerca di risposte a troppe domande a vuoto.
Così, se c'è una cosa sola che accomuna Ettore e Pietro è che gli errori possono avere un risvolto positivo, che da questi si sbaglia e allo stesso tempo si impara, ma ancora più importante e significativo in questa storia è che volendo non si è mai soli, basta aprirsi, dialogare, trovare un contatto, quel punto di connessione che è lì nascosto in ognuno di noi.

VALUTAZIONE: ★★★★ 




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